Ci sono sedie che resistono per secoli anche al trattamento meno ortodosso, e rimangono solide come rocce; altre, invece, che dopo qualche mese sono già tutte traballanti, e hanno bisogno di un « premuroso » intervento. È la dimostrazione di quanto sia delicato questo umilissimo « pezzo » del nostro mobilio, e quanto sia importante la sua progettazione. La sedia non deve sostenere soltanto il peso del corpo umano, ma deve anche resistere alle sollecitazioni cui la sottoponiamo dondolandoci su due sole gambe, facendo vari giochi di equilibrio, usandola come scaletta.
Nella parte superiore della fig. 1 sono compendiate, in quattro immagini schematiche, le forze che tendono alla distruzione di una sedia. Nelle prime due è il semplice peso di una persona, o l’appoggiare troppo energico di piedi sulle traversine, a causare una serie di sforzi che possono portare alla rottura delle traversine stesse e, di conseguenza, del sedile. Oppure, negli altri due ci sono continue oscillazioni impresse dai movimenti, anche se appena percettibili, del corpo: da sinistra a destra e da destra a sinistra, oppure avanti e indietro. Tutti movimenti che, a lungo andare, indeboliscono le giunture a colla, allargano le sedi degli incastri, smollano eventuali viti con cui la sedia era irrigidita.
Indice
Un telaio più solido
Quando una sedia diventa come un’altalena, ed è cioè in grado di muoversi in tutte le direzioni, è opportuno intervenire prima che il difetto peggiori e qualcuna delle parti si spacchi completamente. La prima regola è di consolidare il telaio, irrigidendolo affinché non sia più tanto mobile. Sono vari, come indicano le frecce del dettaglio 2, i punti in cui si può intervenire. All’attacco delle gambe con il sedile, quasi sempre uno dei punti più delicati, si possono « stringere » le sedi ad incastro semplicemente iniettando stucco a base di resine epossidiche: è più « duro » del legno, quindi reggerà meglio ad altre sollecitazioni dello stesso genere. Un altro metodo può consistere nell’inserire, attorno alla estremità della gamba che traballa nella sede, una serie di piccoli cunei di legno, la cui funzione è appunto quella di limitare il movimento. Devono essere non più lunghi di 3 cm, e non più spessi di 5 mm nella loro estremità più spessa. Si inseriscono a mano, poi si spingono con leggeri colpi di martello, in rotazione, affinché nel trovare una sistemazione rigida la gamba del tavolo si trovi in posizione corretta, al centro della sede.
Si tratta di due soluzioni molto semplici, la cui durata nel tempo sarà però piuttosto breve. È possibile anche (dettagli 8 e 9) estrarre completamente la gamba dalla sua sede, riempire quest’ultima di pasta di legno, attendere che si solidifichi, e poi predisporre con il trapano una nuova sede per la gamba. Per una riparazione più duratura occorre fare uso di blocchetti triangolari di legno sistemati sotto il sedile, ai quattro angoli, dove le gambe sono unite alla struttura portasedile. II dettaglio 3 indica chiaramente come bisogna operare. Si ritaglia il vertice del triangolo di legno poi, alla base, si praticano due fori per le viti, predisponendo le relative sedi. Si inseriscono quindi le viti tenendo stretto quell’angolo della sedia, se possibile addirittura usando un morsetto a fascia. Quello descritto al dettaglio 4 non è che un metodo alternativo. Soltanto che, al posto del blocchetto di legno, si è fatto uso di una traversina di ferro, saldamente avvitata al legno, nel quale è incastrata alle due estremità. Un tipo di bloccaggio completamente diverso è quello indicato al dettaglio 5, dove la gamba della sedia e il sedile appaiono rovesciati. Per rafforzare la loro unione si è deciso di inserire una spina o spinotto di legno duro. Fissata la gamba in posizione, si è praticato con un trapano (preferibilmente elettrico) un foro in diagonale, che entrando nel sedile a circa un centimetro dalla gamba, raggiunga l’estremità della gamba stessi nella parte incastrata nel sedile, é la superi. A questo punto basta inserire nel foro un tassello di legno con lo stesso diametro o con un diametro leggermente superiore, ricoperto di colla. Martellarlo delicatamente (meglio se con martello di gomma o mazza di legno) fino a quando è completamente inserito nel foro. Lasciare la sedia rovesciata per almeno 24 ore, poi raddrizzarla e provarla: dovrebbe essere piuttosto solida.
Si rompe il sedile
È un guaio non infrequente nelle sedie con il sedile di legno. Delle cause si è parlato in apertura del capitolo. Ci sono due modi di rimediare a questo piccolo disastro senza sostituire l’intero sedile, che per un « pezzo » antico non sempre è possibile. Entrambi sono sistemi che si basano sulla tensione dei due pezzi. Il primo (dettaglio 6 della fig. 1) prevede l’inserimento di una serie di tenoni a doppia coda di rondine fra una parte e l’altra del sedile, in aggiunta alla colla fra le due parti spaccate. Stringere nel morsetto finché la colla ha fatto presa, poi collaudare sperando che i piccoli tenoni (di legno duro) siano abbastanza rigidi e non si pieghino spezzandosi appena ci si siede sopra. L’altro sistema (dettaglio 7) consiste in una serie di spinotti inseriti nell’una e nell’altra parte del sedile rotto, in una serie di fori praticati all’uopo. Tener presente, per quest’ultimo tipo di riparazione, che è possibile sostituire alcuni spinotti di legno con altri di ferro, se si vuole garantire la rigidità; ma qualcuno di legno deve rimanere, per garantire una migliore adesione fra le due parti.
Si rompe una traversa
Per traversa intendiamo il raccordo fra le gambe della sedia. Il discorso, per quanto riguarda la tecnica di riparazione e, in parte, anche le cause della rottura, può adattarsi anche a una sbarra dello schienale rotta. Come sostituirla? Occorre del legno uguale a quello della sedia, e lavorare di sega, di pialla, di lima e di cartavetro, fino a quando si avrà un esemplare simile. Ma come inserire i due tenoni alle estremità sen.za dover smontare tutta la sedia? Basta prendere un seghetto e ridurre i tenoni, uno nella sua parte inferiore (quello a sinistra guardando il montaggio della sedia) e l’altro in quella superiore. In questo modo, inserita la parte di destra nella sua sede, sarà possibile ruotare la traversa verso l’alto, Il tenone a sinistra, limitato nella parte bassa, potrà a sua volta entrare nella sede. Iniettare colla con un ago se non si era già spalmata prima della curiosa operazione, stringere fra i morsetti.
Molto più semplice la riparazione della traversa che si è rotta proprio all’altezza del tenone; come indicato al dettaglio 10 della fig. 1. Per non ricostruire un’altra traversa, e poiché attaccare il tenone in quel punto è inutile perché non resisterebbe ad alcuno sforzo, è giocoforza adoperarsi d’ingegno. Limare e lisciare la traversa al punto dove aveva iniziato il tenone. Con un trapano e uno scalpello togliere il pezzo di tenone della gamba, sostituendolo (dettaglio 11) con un piccolo tenone indipendente, che sarà incollato in posizione. Praticare poi un incavo nella traversa, con un’apertura sull’estremità della traversa stessa e un’altra sulla sua parte inferiore. In questo modo sarà molto agevole appoggiare semplicemente la traversa sul tenone, debitamente incollati, stringere in un morsetto, e attendere le solite 24 ore.
Si rompe una gamba
Risulta essere un dolore quando si rompe una gamba della sedia; ma lo è unicamente per chi ci è seduto sopra in quel momento. La riparazione, infatti, è della massima semplicità. Prendere dunque la gamba rotta, come indica il dettaglio 12 della fig. 1 e cospargere di colla le due estremità stando bene attenti a non spostare e danneggiare le punte disuguali di legno. Mettere in morsa. Quando la colla ha fatto presa, segare la gamba due o tre centimetri sotto il punto in cui si era rotta (dettaglio 13), praticare in entrambe le estremità un foro di 5 cm, inserire quindi in quella superiore uno spinotto di diametro pari al foro, e lungo 10 cm, opportunamente incollato. Spalmare quindi di colla l’altra estremità, e su di esso infilare la parte inferiore della gamba. Mettere bene In posizione (con una morsa, se necessario, che impedisca la torsione delle due parti) e mettere la sedia in piedi. Sul sedile un peso di 20 kg costituirà forza sufficiente fino a quando la colla avrà fatto presa. Anziché usare lo spinotto, si potrebbe inserire, dal fondo della gamba, una vite che, con sede sprofondata nel piede stesso, raggiunga la parte superiore della gamba.
Un’altra possibilità riguarda quasi esclusivamente le sedie con gambe tornite. Se una gamba dovesse spezzarsi in corrispondenza della traversa, occorre un intervento di alta chirurgia per evitare che con la riparazione la sedia debba perdere la sua rigidità strutturale. La prima parte dell’operazione consiste nell’incollare le due parti della gamba e il tenone della traversa, metterli in morsa e lasciarli fino a quando la colla ha fatto presa. Poi, valendosi di un seghetto, tagliare due strisce della gamba, parallelamente alla traversa, una sul davanti e una sul dietro, alte circa 10 cm e che partono cioè dal disopra della traversa e arrivano al disotto. Procurarsi due pezzi di legno e riprodurre copia fedele delle parti che si sono segate dalla gamba. Quindi, ultimato il lavoro di lima e di carta-vetro, incollarle al posto di quelle originali. La sedia, a questo punto, sarà più solida di quanto fosse prima di rompersi.
Gambe disuguali
Può sovente capitare che una sedia (o un tavolo) non sia saldo ma traballi in continuazione, semplicemente perché una delle quattro gambe è troppo corta. La cura migliore sarebbe naturalmente di allungarla, perché probabilmente in origine era come le altre. Quella più facile, tuttavia, consiste nell’accorciare le altre tre gambe. Occorre, anzitutto, scoprire di quanto la gamba corta è più corta delle altre. Bisogna mettersi, per questa misura di alta precisione, su una superficie perfettamente piana. Anzi, è consigliabile usare la livella a spirito o quella che è possibile costruirsi seguendo le istruzioni di pag. 19. Fatto questo mettere uno spessore sotto la gamba troppo corta, poi un altro e un altro ancora (pezzi di compensato molto sottile sono l’ideale per questo genere di misurazione). Fermarsi, ovviamente, quando la sedia non traballa più.
La teoria della falegnameria ci dice che, a questo punto, si prende un compasso, si misura lo spessore messo sotto la gamba corta, si riporta quella misura sulle altre tre gambe, e poi si taglia a quel punto.
Quello che suggeriamo nelle figure di questa pagina è tuttavia un procedimento molto più empirico, che a nostro avviso può dare migliori risultati proprio perché è più sempiice e non richiede l’uso di strumenti speciali. Consiste, come si può vedere dal dettaglio 1 della fig. 2, nel collocare accanto agli spessori il cartone centrale di un rotolo igienico. Praticare in questo cartone un foro all’altezza dello spessore. Quindi, come insegna la fig. 3, mettere il rotolo, a turno, attorno alle altre tre gambe della sedia. Ruotarlo, inserendo una matita nel foro. Poi (dettaglio 1) sarà sufficiente segare le tre gambe seguendo la linea della matita.
Per effettuare un controllo si può segare anzitutto la gamba affiancata a quella corta (l’altra posteriore se quella corta era una delle due posteriori), e quindi appoggiarle a terra e controllare che tocchi perfettamente (se fosse troppo corta, le due anteriori, ancora da accorciare, non lo consentirebbero).
È ovvio che un metodo cosi empirico può non consentire un livellamento perfetto, al decimo di millimetro. Con tecnica altrettanto empirica consigliamo quindi di provare la sedia su una superficie perfettamente piana e, se ancora ci fosse qualche diseguaglianza fra le varie gambe, conviene operare per il tocco finale con una raspa o lima da legno. Va da sé che l’intervento di raspa è l’unico necessario (escludendo cioè il seghetto) quando l’imprecisione iniziale è di proporzioni molto modeste.