I mobili sono quanto mai soggetti a una serie di incidenti dovuti a disattenzione, incuria, ignoranza. Sì, anche ignoranza, perché nessuno potrebbe mai immaginare, ad esempio, che l’umidità esterna di un bicchiere può essere sufficiente a rovinare la superficie di un tavolino lucido come uno specchio, apparentemente.., impermeabile. Nessuno, beninteso, che non conosca il tallone d’achille di mobili finiti allo stoppino. E ancora, che cosa fare se si lascia cadere una sigaretta sul comodino da notte o sulla scrivania; oppure ancora se scivola di mano una bottiglia o un altro oggetto pesante che colpisce il mobile e lo ammacca; o ancora come intervenire su certi brutti graffi profondi della cui fattura si può ringraziare il triciclo? Una serie di problemi di cui intendiamo delineare una soluzione in questa guida. Non sempre i rimedi sono efficaci al cento per cento. Spesso, comunque, vale la pena di tentare, di fare qualcosa. Ci occupiamo, naturalmente, soltanto del tipo di incidenti più frequente e che può essere affrontato senza timore dal dilettante appassionato di bricolage senza timore di provocare guai maggiori.
Indice
Le ammaccature
La regola fondamentale da osservare in questo caso è che più tempo passa dal momento dell’incidente, più difficile sarà rimediare al misfatto. Che cosa è un’ammaccatura? È null’altro che la compressione delle fibre di legno colpite da un oggetto estraneo duro e pesante. Se si può intervenire « a caldo » ci sono buone speranze di rimediare alla frittata fatta; se invece si attende, le fibre di legno si irrigidiscono nella loro nuova posizione e non c’è più molto da fare. Lo stesso ragionamento si applica al tipo di legno ammaccato: quelli più teneri sono più facili da riparare che quelli più duri. Il metodo più semplice consiste nell’applicare uno straccio umido sulla parte ammaccata, appoggiandovi poi un ferro da stiro caldo. Il vapore, nella maggior parte dei casi, farà espandere le fibre di legno.
Un altro sistema, molto più impegnativo e a cui bisogna ricorrere soltanto se il primo non ha dato esito positivo, consiste nel raschiare con una lametta la lucidatura nel punto danneggiato, e poi applicare una manciata di bambagia imbevuta di acqua bollente (tenendo con una manopola, altrimenti ci si potrebbero scottare le dita) sulla parte lesa. Asciugare con un panno l’acqua che si sparge sulla superficie e ripetere l’operazione più volte, fino a quando l’ammaccatura è scomparsa. Se il danno fosse, per esempio, sulla gamba di un tavolo o su qualsiasi altra parte non piana, occorre valersi dello stesso metodo, ma con qualche avvertenza. Servirsi dello stesso tampone di bambagia, ma legare un panno asciutto ed assorbente poco sotto la zona da trattare in modo che l’acqua bollente non coli e non rovini altre parti. Tanto l’uso del ferro da stiro, quanto quello dell’acqua bollente, hanno un grave inconveniente: rovinano inesorabilmente la vernice nella zona circostante all’ammaccatura. Naturalmente tale operazione è da affrontare soltanto se si è disposti, subito dopo (anzi, quando il legno si è ben asciugato), ad affrontare una completa operazione di restauro di quella zona, con carteggiatura, coloritura e lucidatura, secondo il tipo di finitura del mobile.
Anelli bianchi o scuri
Su mobili trattati allo stoppino o verniciati alla nitrocellulosa, un anello bianco indica che è stato appoggiato un oggetto caldo. Un oggetto umido, invece, lascia un anello scuro. Nel caso di mobili finiti allo stoppino, si può intervenire in due modi. Se la macchia è appena visibile, si può provare a lucidare la superficie del mobile. Se gli anelli ancora non scompaiono, occorre un trattamento di sicura riuscita ma assai delicato. E consigliabile fare alcune prove su vecchi mobili prima di trattare allo stesso modo un « pezzo » a cui si è affezionati. Mettere la superficie danneggiata in posizione quasi verticale, come indica la fig. 3, e bagnare la zona degli anelli con un batuffolo di cotone intriso di alcool. Dare fuoco, con un fiammifero, all’esiguo strato di alcool prima che questo possa evaporare. Il calore generato dalla fiamma, la cui durata è di pochi attimi, dovrebbe essere sufficiente a fare evaporare l’umidità della vernice, senza danneggiare la stessa. E poiché gli anelli bianchi sono formati da piccolissime particelle di vapore imprigionate nella vernice, ogni traccia dovrebbe scomparire. Il lucido tornerà sulla superficie con un semplice trattamento di cera (solida, non liquida).
Qualora i due interventi non avessero dato esito positivo occorre adottare una cura ancora più radicale. Ripulire la parte danneggiata con cartavetro finissima (numero 00), togliere tutta la polvere con un panno umido (ma non bagnato). Passare lo stoppino, riverniciando la parte colpita. Se gli anelli fossero molto profondi, potrebbe essere necessario procedere alla raschiatura dell’intera superficie del mobile e dover poi affrontare, di conseguenza, la riverniciatura completa.
Nel caso dei mobili verniciati alla nitrocellulosa, provare a togliere le macchie con un abrasivo liquido molto delicato, quale il Sidol. Strofinare bene con uno straccio soffice, e lucidare prima che sia completamente asciugato. Lucidare poi con cera solida. Anche per la nitro, qualora questo primo intervento non dovesse avere successo, è consigliabile la « bruciatura » con l’alcool, o in ultima analisi la rifinitura della parte danneggiata dopo avere carteggiato la zona, se non addirittura il lavaggio dell’intera superficie e la riverniciatura totale.
Una curiosità: per eliminare anelli bianchi da un mobile verniciato a nitro, si può ricorrere al sistema del burro e della cenere di sigaro, illustrato nella fig. 4. La cenere di sigaro, si sa, è un leggero abrasivo. Da sola, infatti, sarebbe addirittura in grado di rigare la finitura di un mobile. Occorre quindi spalmare un po’ di burro a temperatura ambiente (cioè molto morbido) sulla parte danneggiata e impregnarne bene con il dito la superficie. Versare poi sul burro la cenere del sigaro (une buona scusa per gli appassionati dei toscanelli). Quindi, servendosi di un blocchetto di legno o di sughero attorno a cui è avvolto un panno molto morbido, fregare sugli anelli con senso rotatorio.
Bruciature di sigarette
Occorre subito distinguere fra bruciature superficiali, quando si lascia cadere la sigaretta sul tavolo ma la si raccoglie quasi subito, e bruciature profonde, quando per esempio la sigaretta cade dal posacenere e non ce ne accorgiamo, o peggio ancora quando cade un “po’ di brace dal fornello della pipa. Nel primo caso l’unica conseguenza visibile è una piccola macchia nera, ad alone, sulla superficie. Nel secondo caso, purtroppo, le conseguenze sono ben più gravi, in quanto il fuoco intacca il legno stesso e lo consuma.
Nel primo caso, se cioè la bruciatura ha soltanto danneggiato la finitura superficiale, si può ricorrere al sistema indicato alla pagina precedente, a base di burro e cenere di sigaro (non di sigaretta). Se, pur essendo superficiale, il danno non scompare dopo questo semplice trattamento, è opportuno affrontare la situazione come indica la fig. 5; vale a dire con una lametta da barba, che servirà per raschiare delicatamente la superficie. Un’avvertenza, però: questo sistema, come qualsiasi sistema di carattere abrasivo, deve essere affrontato soltanto se si è disposti, e soprattutto capaci, di ricostruire la finitura della superficie, come indichiamo nell’ultima parte di questo volumetto.
Se il danno al legno è stato del tipo più grave, se cioè la sigaretta ha bruciato in profondità, occorre distinguere tra il mobile ricoperto da impiallacciatura e quello di legno massiccio. E, comunque, prima di agire occorre una semplice domanda alla propria coscienza: preferisco tenermi un mobile con il buco prodotto dalla bruciatura di una sigaretta, oppure è male minore un mobile con una pezza che sarà sempre visibile per quanto bene si possa cercare di mascherarla? Se si opta per la seconda alternativa è il caso di mettersi i guanti da chirurgo e operare.
Se il mobile è rivestito da impiallacciatura, l’operazione non presenta particolari difficoltà. Si tratta infatti di sostituire una semplice parte della sottile foglia di legno. Se invece il mobile è di legno massiccio ci sono due alternative d’azione. La prima, se si tratta di un tavolo (come è probabile quando si parla di bruciature di sigarette), consiste nel sostituire una parte del legno. Se, per qualsiasi motivo, quella soluzione non è accettabile (anche soltanto per motivi estetici) si può armarsi di tanto coraggio e fare ciò che indica la fig. 6. Impugnata una pialla, ripassare tutta la superficie del mobile, eliminando un sottile strato di legno. Occorrerà a questo punto carteggiare, poi affrontare le operazioni di finitura.
Macchie d’inchiostro
Anche qui bisogna distinguere fra piccole macchie che sono rimaste in superficie e macchie che sono invece penetrate in profondità nel legno. Per il primo tipo la cura è abbastanza semplice. Consiste nel raschiare la superficie del legno, con tocco veramente leggero, quasi da piuma, con cartavetro finissima (numero 00) oppure con carta sepia.
I guai cominciano se questo sistema, al quale occorre far seguito con una bella lucidatura della parte trattata, non ha dato i risultati sperati. In tal caso occorre una azione più energica. Eliminare dalla superficie tutte le tracce di cera. Poi, servendosi di un pennellino, ritoccare tutte le macchie di inchiostro servendosi di acido ossalico disciolto in acqua calda, oppure con candeggina del tipo usato per le pulizie domestiche (senza diluirla con acqua, però). Attenzione: applicare il liquido soltanto alle macchie, risparmiando la zona circostante. L’effetto scolorante, infatti, potrebbe danneggiare la finitura anche in zone non danneggiate. È possibile che, dopo la prima pennellatura, la macchia rimanga. Non è un problema, basta ripetere l’operazione. Bisogna quindi ripulire attentamente la zona trattata, lavando con una spugna o un panno intriso d’acqua. Non bisogna risparmiare sull’acqua, perché il lavaggio deve essere veramente completo, ma allo stesso tempo occorre fare attenzione affinché l’acqua non danneggi altre parti del mobile. È consigliabile, per evitare questo pericolo, circondare la zona trattata con alcuni panni assorbenti. Quando la superficie del legno è perfettamente asciugata (in genere 24 ore), carteggiarla con cartavetro 00, colorare il legno con una pennellata di mordente, se necessario, e lucidare. Con ogni probabilità non ci sarà bisogno del mordente (la sostanza che dà colore al legno) perché l’acido ossalico o la candeggina si saranno limitati a far svanire le macchie d’inchiostro, se pennellate con precisione. Se le macchie sono molto più profonde, se cioè sono state assorbite dalle fibre del legno, occorre agire con la solita chirurgia. Se non si ritiene sufficiente coprire l’inchiostro con il mordente, sostituire l’impiallacciatura o, nel caso di un mobile di legno massiccio, piallare tutta la superficie e rifare tutta la finitura.
Graffi profondi
La prima cura da tentare è la stessa che per le ammaccature, con panno bagnato e ferro da stiro, o con cotone intriso di acqua bollente. Non bisogna però contare su un successo immediato. Prima di ricorrere alla piallatura e alla riverniciatura si può provare a stuccare. L’operazione può essere affrontata con cera solida debitamente colorata, oppure, come indica la fig. 8, con alcune gocce di gommalacca sciolta al fuoco, introdotta nel graffio o nello spacco, lisciata con una lama calda, carteggiata e rifinita secondo la natura del mobile.